Questa frase risuona di continuo nello studio di osteopati, fisioterapisti e medici di base.
A pronunciarla però non sono i professionisti in questione ma i pazienti.
Il paziente, per esempio affetto da dolore lombare, richiede spesso e volentieri di poter approfondire la propria situazione attraverso esami strumentali quali radiografia, risonanza magnetica o tac, convinto del fatto che la sua sintomatologia possa trarne qualche beneficio.
Questo tipo di ragionamento non solo è sbagliato per una serie di motivi che analizzeremo in seguito, ma può essere addirittura controproducente per il paziente stesso.
– Innanzitutto va precisato che tali esami non devono essere effettuati per un “desiderio” del paziente ma esclusivamente in seguito alla decisione di un medico, il quale prescriverà tale diagnostica per immagini per confermare o meno una diagnosi.
Il medico visita il paziente, esegue l’anamnesi, pensa ad eventuali ipotesi diagnostiche e, solo allora, decide se sia il caso di approfondire con ulteriori esami oppure no. Il medico non prescrive solitamente un esame per “dare un’occhiata”.
Il medico prescrive un esame solo se lo ritiene necessario al fine di formulare una diagnosi specifica.
Detto ciò, ora analizziamo il perchè sia sbagliato voler fare un esame in assenza di una valida motivazione medica specialistica.
Un recente articolo scientifico ha analizzato i reperti radiografici di oltre 3000 pazienti asintomatici (senza nessun dolore).
Nonostante i pazienti fossero soggetti che non presentassero dolore, la maggior parte di essi ha evidenziato la presenza di degenerazione discale, ipertrofia delle faccette articolari e perdita di altezza dei metameri vertebrali in esame.
Nello specifico, i segni relativi alla degenerazione delle strutture della colonna vertebrale sono stati riscontrati nel 30% dei pazienti ventenni, nel 50% dei pazienti tra i 40 e i 60 anni e nel 96% dei pazienti over 80.
Per quanto riguarda il “disk signal loss”, cioè dischi intervertebrali molto disidratati, le percentuali si sono rivelate ancora maggiori: circa il 37% per i ventenni, l’86% dei pazienti di mezz’età e il quasi 100% dei pazienti ultra ottantenni.
Addirittura una condizione patologica piuttosto severa come la spondilolistesi è presente nel 30% circa dei soggetti asintomatici analizzati.
Alla luce di questi dati possiamo dunque affermare che alcune condizioni patologiche della colonna non sono per forza correlate a sintomi dolorosi anzi, esse sono spesso silenti.
Oltre a questa importante conclusione, il messaggio chiave da recepire è che la diagnostica per immagini va interpretata ed adattata al paziente in questione e alla sua storia clinica.
Non bisogna cadere nell’errore di ricondurre per forza i propri sintomi al problema evidenziato dalla diagnostica per immagini.
L’esame diagnostico costituisce solo un tassello dell’intero processo diagnostico.
Per questo motivo è fondamentale che l’esame sia prescritto e poi visionato da un professionista sanitario.
La presa visione dell’esito dell’esame strumentale da parte di una figura competente è fondamentale anche al fine di indirizzare il paziente verso il miglior percorso terapeutico possibile.
È inoltre dimostrato da numerose ricerche scientifiche che, a parità di condizione patologica, il paziente non a conoscenza della propria situazione, riferisca una condizione di vita migliore rispetto ai pazienti consci delle proprie patologie.
In conclusione, affidatevi al vostro medico e fatevi consigliare la terapia più idonea alla vostra situazione prima di indirizzarvi in maniera autonoma e improvvisata verso metodiche diagnostiche che, nel vostro caso, potrebbero essere non indicate e, addirittura, controproducenti.
Bibliografia:
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4464797/pdf/nihms-696022.pdf